Ci fu un tempo in cui Glodio portava i capelli rossi.
Non è che li aveva rossi ma li portava nella tracollana, la comoda borsa agganciabile al ciondolo della collana.
Tutti lo prendevano in giro ma lui pativa e spesso vomitava sui sedili posteriori delle macchine dei suoi amici.
O meglio, ex-amici.
Fortunatamente riuscì a fare amicizia con un altro pel di carota, Gigino, figlio del fabbro che, fin da piccolo, lo utilizzava come strofinaccio per rimuovere la ruggine dalle spranghe.
Utilizzava la testa riccioluta e il colore dei suoi capelli diventò rosso.
Glodio e Gigino avevano una passione comune: la musica.
Si vedevano tutti i pomeriggi per duettare, i primo con la tromba e il secondo con il pianoforte.
Ma Gigino si ammalò di qualcosa che solo i fenicotteri fecondi potevano trasmettere.
Ma non smisero si suonare.
Nemmeno dopo le lamentele del condominio. Nemmeno dopo che i timpani lacerati della mamma di Glodio ne causarono la morte. Purtroppo qualcosa stava cambiando. Non c’era più armonia tra i due. E in un gruppo è fondamentale.
Eppure la loro amicizia era annodata con laboriosità grazie a gomitoli di feeling.
Si stavano allontanando.
Si allontanavano e Gigino guariva.
Guariva piano piano.
E Glodio pativa la sua messa in sesto, essendo ateo e abituato ad arrivare quinto.
Glodio soffriva quell’amicizia senza dialoghi e lo scriveva sul suo diario ogni sera prima di andare a letto.
Nessuno lo aveva mai fatto soffrire così.
Ma Gigino guariva, riprendeva colore.
Prima il verde.
Non era bello a vedersi ma nemmeno a sentirsi.
Nemmeno a toccarsi, figuriamoci a gustarsi.
Ne manca uno.
Ah si. Aveva però un buon odore.
Ed era ciò che più mancava a Glodio.
Glodio lo vedeva allontanarsi e incolpò la musica di questa distanza e forse aveva ragione.
Gigino guariva ma i suoi tasti neri e bianchi erano sempre più distanti da Glodio.
È proprio vero che chi va al piano va sano e va lontano.

tratto da “Filosofia Spicciola Per Chi Vuole Cambiare” – 2012